Corso Base per Mediatore Civile

Se un professionista chiamato in giudizio per risarcire un danno connesso alla sua attività dichiara di voler aderire alla proposta conciliativa del giudice nonostante non l’avesse formalmente accettata nei termini prescritti,

è censurabile per aver tenuto una condotta dolosa, tanto più grave e ingiustificata in quanto proveniente da «persona istruita e assai qualificata in termini giuridici». Per questo, il professionista viene condannato a pagare un risarcimento aggiungendo una penale e il suo comportamento può essere ritenuto rilevante anche a fini probatori. Così il Tribunale di Roma, con due sentenze depositate il 30 ottobre scorso, “bolla” chi usa la procedura per far ritardare la sentenza .
Il tema è la mancata accettazione della proposta del giudice formulata ai sensi dell’articolo 185-bis del Codice di procedura civile in materia di responsabilità professionale. Nel caso della prima pronuncia, il notaio chiamato a risarcire un danno connesso alla stipula di una compravendita di un immobile (per problemi sull’accesso ai benefici sull’acquisto della prima casa), aveva dichiarato la disponibilità ad aderire alla proposta di pagare circa 20.000 euro (in tre rate nell’arco di 18 mesi) oltre a 5.000 euro per le spese legali. La parte attrice aveva aderito formalmente alla proposta, mentre il notaio si era limitato a chiedere rinvii d’udienza per ottenere dalla compagnia di assicurazione (non chiamata in causa) il versamento della somma. Ottenuta la somma, riteneva di formalizzare l’accettazione della proposta conciliativa – pur essendo scaduto il termine fissato dal giudice – per poter adempiere in maniera rateale (beneficio che era stato concesso dal giudice in considerazione del fatto che la compagnia non era stata chiamata in causa).
In esito a questo comportamento, il giudice, dopo aver stigmatizzato il comportamento processuale del convenuto, ha accolto la domanda di risarcimento e aggiungendo – oltre alle spese legali – una somma all’incirca pari al loro doppio (9.600 euro) per responsabilità aggravata ex articolo 96 del Codice di procedura civile.
Nella seconda sentenza, il giudice aveva originariamente formulato una proposta conciliativa prevedendo anche per il caso di mancato accoglimento l’ordine di esperire la mediazione. La vicenda riguardava la responsabilità di un avvocato che aveva proposto un appello tardivamente per conto del suo cliente, esponendolo alle conseguenze negative della sentenza di primo grado per lui totalmente sfavorevole.
La richiesta di danno era stata di oltre 248.000 euro e il giudice proponeva in via conciliativa il versamento di 85.000 euro (con pagamento rateizzato in 24 mesi) e spese compensate. L’attore accettava la proposta, mentre il convenuto non soltanto non vi aderiva, ma non partecipava nemmeno al tentativo di mediazione demandato dal giudice e correttamente avviato dalla controparte. Questa mancata partecipazione non veniva in alcun modo giustificata dal convenuto e in sentenza – applicando l’articolo 8, comma 4-bis, del Dlgs 28/2010 – il giudice lo ha condannato ad un importo pari al contributo unificato (660 euro) in favore dell’erario. Inoltre, il giudice ha utilizzato la mancata partecipazione come argomento di prova ex articolo 116 del Codice di procedura civile, consentendo di dare «un valore aggiunto probatorio, decisivo e preminente relativamente alla sussistenza di un danno risarcibile ed in ordine alla sua quantificazione».
La sentenza, le cui motivazioni sottolineano che la proposta conciliativa si connota per una sua «visione equitativa» utile all’accordo, perveniva a condannare l’avvocato ritenuto responsabile per l’intempestivo appello a pagare oltre 216.000 euro è più di 18.000 euro per spese legali.